Malattia parodontale: di cosa si tratta e come si cura

Negli ultimi anni, ed è il caso di dire per fortuna, l’interesse nei confronti della salute orale è aumentato tantissimo. Non a caso, sono sempre di più le persone che si informano in merito alle caratteristiche e alla cura di condizioni come la malattia parodontale. Se vuoi sapere qualcosa di più in merito, nelle prossime righe di questo articolo puoi trovare alcune specifiche utili.

Cos’è la malattia parodontale?

Iniziamo a vedere di cosa si parla quando si chiama in causa la malattia parodontale. Condizione che, a diversi livelli, riguarda un’ampia fetta di popolazione italiana, non è sinonimo di parodontite. Come mai? Perché con il termine “malattia parodontale” si inquadra la macrocategoria. Quando, invece, si chiama in causa il termine “parodontite”, si intende una tipologia di malattia parodontale. L’altra è la gengivite. La condizione appena citata, come è chiaro dal nome coinvolge le gengive. Reversibile se viene trattata in maniera tempestiva, si contraddistingue per l’insorgenza di edemi e sanguinamenti che fanno la loro comparsa a seguito di stimoli come quelli derivanti dall’utilizzo dello spazzolino o delle posate.

Nel caso della parodontite, invece, si ha a che fare con una condizione in cui l’infiammazione non coinvolge solo il tessuto gengivale, ma anche il legamento parodontale, l’osso alveolare e il cemento radicolare. Segno distintivo dell’evoluzione da gengivite a parodontite è il formarsi delle cosiddette tasche parodontale, scientificamente definibili come dei ripiegamenti di tessuto organico all’interno di una specifica cavità. Le tasche parodontali, che si formano nello spazio occupato dal legamento parodontale, vedono accumularsi i batteri.

La parodontite, come è chiaro, è una condizione molto più seria della gengivite. Premettendo il fatto che il faro principale deve essere la prevenzione, rammentiamo che esistono diverse alternative per la cura. Quali sono? Scopriamolo assieme nelle prossime righe.

Come si cura la parodontite

Come si cura la parodontite? Sono diverse, come già detto, le strade da seguire. In questo novero è possibile includere la detartrasi. Di cosa si tratta di preciso? Di un trattamento di igiene dentale che deve essere concretizzato da un professionista qualificato. In questo frangente, il dentista agisce con strumenti di tipo meccanico, aventi l’obiettivo di rimuovere la placca e il tartaro dalle superfici che si trovano subito sopra la zona gengivale.

Da non dimenticare è anche la levigatura radicolare. Anche in questo caso, si ha a che fare con un trattamento di tipo meccanico che prevede la rimozione del tartaro presente sotto la gengiva e adeso alla radice dentale. In alcuni casi, si può eseguire il trattamento procedendo allo scollamento dei lembi gengivali.

In entrambi i frangenti descritti, si ha a che fare con diversi contro, tra i quali è possibile citare l’invasività. La comunità medica che si occupa di salute orale si impegna da tempo a trovare alternative non invasive. In questo novero è possibile includere Lanap Laser, un vero e proprio protocollo. Se ti stai chiedendo che cosa è Lanap Laser, deve innanzitutto sapere che si tratta di una procedura che prevede l’utilizzo del laser.

Il principale vantaggio della metodica riguarda la rapidità e la mancanza di dolore e sanguinamento. Degno di nota è anche il fatto che, dati scientifici alla mano, con questo protocollo è possibile risolvere il quadro della parodontite anche grazie alla rigenerazione ossea.

Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare delle alternative di cura per la malattia parodontale. Nel caso specifico della parodontite, quando raggiunge livelli aggressivi, si può ricorrere anche alla terapia farmacologica. Per la precisione, si parla quasi sempre di prescrizione di antibiotici.

Nei frangenti in cui la condizione si cronicizza e lo spazzolamento dei denti diventa così doloroso da risultare insopportabile, gli specialisti possono valutare anche la chirurgia (che, in caso di parodontite ulcero necrotizzante, può essere associata all’utilizzo di agenti antibatterici di sintesi come la clorexidina).