Quando è il caso di andare dallo psicologo?

Lo psicologo è un professionista sanitario che, in possesso di competenze acquisite nel corso di una laurea e di un tirocinio abilitante (per non parlare dei successivi quattro anni di specializzazione se sceglie di diventare psicoterapeuta), è in grado di intervenire in quei casi che vedono il malessere interiore passare sopra a tutti gli altri aspetti della vita.

Purtroppo attorno alla sua figura professionale ruotano ancora tanti luoghi comuni. Tra questi, è possibile ricordare il fatto di considerare lo psicologo come un professionista che tratta solo i matti/persone che hanno problemi gravi.

Questo non è affatto vero: dallo psicologo va chi ha intenzione di conoscersi meglio, ma anche chi ha un disagio interiore di natura non patologica. Chiarito questo fondamentale aspetto, vediamo alcuni dei casi in cui può essere utile rivolgersi a uno psicologo.

Dopo un lutto

Il lutto è un evento traumatico dopo il quale la consulenza di uno psicologo può rivelarsi molto utile. Attenzione: il termine ha davvero un’accezione ampia e non riguarda solo l’eventualità della dipartita di una persona cara. Quando si parla di lutto, si inquadra infatti in generale il dolore che colpisce quando un percorso arriva al termine. In questo novero è quindi possibile considerare anche la fine di una storia d’amore.

Quando non si è più soddisfatti della propria vita lavorativa

Tra i compiti dello psicologo rientra anche il fatto di guidare il paziente verso il pieno riconoscimento delle sue potenzialità. Questo può rivelarsi utile in diverse situazioni, come per esempio un generale senso di insoddisfazione nei confronti della propria vita professionale, segnale che può palesare la voglia di cambiare strada.

Quando ci si sente inadeguati

Viviamo in una società che non ci lascia affatto in pace per quanto riguarda le performance e i traguardi da raggiungere sia in ambito professionale, sia dal punto di vista personale. Questo porta spesso a vivere un senso di inadeguatezza e di frustrazione, acuito senza dubbio dall’utilizzo pervasivo dei social che ci portano a vivere le vite di tantissime altre persone in poche ore e a confrontarle con la nostra.

In questi casi, l’intervento di uno psicologo può aiutare a capire davvero il proprio valore e a venire a patti con la propria unicità e con il fatto di non essere per forza in linea con le aspettative altrui (in alcuni casi è un bene).

… e lo psicoterapeuta?

Abbiamo fatto sopra cenno alla figura dello psicoterapeuta. Questo termine viene spesso usato come sinonimo di psicologo. Chi lo fa, compie un grave errore. Lo psicoterapeuta è infatti uno psicologo che ha proseguito il suo cammino formativo per ulteriori quattro anni, acquisendo competenze tali da permettere il trattamento – senza la somministrazione di farmaci – anche di patologie come la depressione.

Quando si parla di psicoterapia, si inquadrano diversi orientamenti. Uno dei più famosi è quello cognitivo-comportamentale. Come ricordato sul sito Studiolevele.net, trova indicazione in diversi casi, che vanno dal trattamento dell’ansia, fino a quello delle fobie sociali e del disturbo bipolare.

Focalizzato sulla praticità e sull’influenza degli avvenimenti presenti – durante l’anamnesi si fanno comunque al paziente domande sulla propria storia – parte dalla convinzione dell’esistenza di una relazione le nostre emozioni e i nostri pensieri e il modo in cui ci comportiamo.

Spetta allo psicoterapeuta far capire al paziente, tramite tecniche come la ristrutturazione cognitiva, che certi pensieri non hanno valore assoluto e che vanno sostituiti con altri più realistici. Nel corso del trattamento di psicoterapia cognitivo comportamentale – spesso breve per via delle peculiarità dell’orientamento – è possibile che il terapeuta assegni al paziente dei “compiti a casa”, che sono quasi sempre dei piccoli cambiamenti da apportare al modo in cui pensa o si comporta.