Per tripofobia si intende la paura dei buchi, e chi presenta tale disturbo ha il terrore dei fori che compongono un pattern evidente. Ad esempio, quando i buchi sono vicini tra loro e profondi come in una spugna da bagno, si attiva la tripofobia per gli individui che ne soffrono. Questa particolare fobia potrebbe avere una derivazione antica, siccome gli antenati dell’uomo possono averla sviluppata a furia di difendersi da animali pericolosi come i serpenti. Ma alcune ricerche sembrano rivelare che si tratta di una repulsione correlata alle malattie infettive e ai parassiti. Eppure, la tripofobia resta tutta da studiare e i dibattiti sono diversi: ecco tutto ciò che c’è da sapere sulla paura dei buchi.
Cos’è la tripofobia?
La tripofobia è in realtà una paura o una repulsione in grado di scatenare anche disgusto, provocata dalle figure geometriche che, ravvicinate tra loro, creano uno specifico pattern. Solitamente la tripofobia viene associata perlopiù alla paura dei buchi, ma in realtà si può trattare anche di un disturbo provato per un insieme di rettangoli, cerchi e qualsiasi altra forma ripetuta. Non si tratta di una patologia psichiatrica riconosciuta in modo ufficiale, dato che non è presente tra i disturbi mentali pubblicamente individuati. Eppure, la tripofobia può provocare, in casi più eccessivi, degli attacchi di panico o nausea.
Le cause della tripofobia
Si può collegare la tripofobia a delle esperienze traumatiche legate al passato remoto, trattandosi di vere e proprie radici culturali. Nella sua storia, l’uomo ha dovuto difendersi da varie minacce, e tra esse rientrano animali velenosi come i serpenti, la cui pelle è caratterizzata dalla presenza di piccoli fori messi in sequenza. Ma lo stesso discorso vale per le malattie infettive e i parassiti. Secondo delle ricerche scientifiche ufficiali la tripofobia, parola coniata nel 2005 derivativa dal greco e il cui significato è letteralmente buco o paura, è un processo inconscio dove il cervello umano si attiva riconoscendo o “ricordando” un pericolo. Ciò avviene associando le immagini captate dalla vista e riportate, tramite apposito segnale, al cervello. Infatti, si tratta di una reazione pressoché primitiva adottata dagli individui nel momento in cui associano macchie o buchi presenti sul corpo di animali o piante, a un determinato pericolo.
L’uomo ha sempre dovuto difendersi da animali come ragni, scorpioni, polpi e serpenti, dunque il cervello ha inconsciamente assorbito tali informazioni nell’immaginario collettivo. Si tratta di genetica, ossia di eredità biologica presente e coltivata dall’albo dei tempi. Attualmente, alcune ricerche condotte in Gran Bretagna, sembrano constatare che la tripofobia scaturisce maggiormente una sensazione di disgusto più che di terrore, rispetto a qualche anno fa. Questo avviene sempre per lo stesso processo di difesa inconscia, dato che le malattie infettive si esternano tramite eruzioni circolari cutanee. Da qui, il disgusto per la pelle esposta a parassiti, e l’immagine si è così “installata” nel cervello degli esseri umani. Infatti, si tende a pensare ai buchi come sinonimo di malattia, sporcizia, difforme.
Sintomi e rimedi
Chi soffre di tripofobia se ne accorge seduta stante, anche se i sintomi e la loro intensità variano da soggetto a soggetto. I sintomi che vanno per la maggiore sono il manifestarsi di disagio o disgusto alla visione di forme geometriche ravvicinate. In casi estremi, l’ansia generata porta ad arrivare ad un vero e proprio attacco di panico.
Infatti, alcuni individui iniziano a mostrarsi sudati, nauseati, affaticati, la bocca e gli occhi diventano secchi, si avverte prurito e si respira a fatica, a causa delle palpitazioni. C’è chi piange e chi si sente anche intorpidito dopo un episodio dovuto alla tripofobia. Trattandosi di uno stato d’ansia si può intraprendere un percorso psicoterapeutico, accompagnati da uno psicologo in grado di poter comprendere più a fondo le motivazioni strettamente personali dietro ogni attacco causato dalla tripofobia.